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Viaggio tra le “belle cose di Sardegna”: la Corsa degli Scalzi a Cabras

La Corsa di San Salvatore a Cabras, più conosciuta come Corsa degli Scalzi, è una delle feste grandi di Sardegna più care a Passi Alterni. Cerchiamo di descriverla brevemente, non con la presunzione di spiegarla, ma con la speranza che in molti in futuro, magari dopo aver letto queste poche righe, possano assistere all’evento personalmente. Quali siano le origini della corsa di San Salvatore è molto difficile stabilirlo: dati storici e leggendari, mescolandosi tra loro, inevitabilmente si confondono. La tradizione orale racconta che, in occasione di un attacco da parte dei saraceni (is morus), la statua di San Salvatore fu messa in salvo e trasportata di corsa dal santuario di San Salvatore, isolato tra le campagne del Sinis, fino a Cabras. Gli artefici dell’impresa, avvenuta nel XVI secolo, ricorsero ad uno stratagemma per ingannare i nemici: correndo a piedi scalzi e legando dei rami alle caviglie, riuscirono a sollevare un fitto polverone così che i saraceni, credendo di trovarsi di fronte ad un imponente esercito, batterono precipitosamente in ritirata. In questo modo il simulacro del santo fu risparmiato da una sicura profanazione. Messo tranquillamente fuori pericolo, venne ritrovato successivamente, avvolto in una sottana che una donna si era sfilata perchè venisse nascosto e protetto durante la fuga.

In questa rievocazione mitica, che giustifica il culto di San Salvatore a Cabras, l’arrivo dei saraceni sulle coste del Sinis è l’unica notizia storicamente provata. Ad oggi is curridoris, vestiti con un saio bianco, s’abidu, e rigorosamente scalzi, rievocano quel lontano passato, dando vita al momento festivo più sentito e partecipato dall’intera comunità cabrarese.

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Di fronte alle dimensioni assunte dall’evento negli ultimi decenni, la differenza più evidente rispetto al passato riguarda il numero di partecipanti: poco più di una decina a ridosso del secondo dopoguerra, contro le quasi ottocento unità rilevate dalle stime attuali. Ovviamente tutta una serie di cambiamenti formali e sostanziali hanno accompagnato l’accrescersi di questa tradizione. Ben presto il folto “esercito di corridori” ha dovuto darsi un regolamento, di cui sono garanti i priori (i corridori più anziani), ed una precisa organizzazione interna.

Is curridoris sono infatti suddivisi in gruppi, ogni gruppo in piccole squadre di tre corridori, is mudas, che si alternano, in virtù di un’estrazione fatta il venerdì che precede il week end della corsa, nel portare simulacro e bandiera per tutta la durata del percorso: circa sette chilometri in cui la strada asfaltata si alterna allo sterrato tra le campagne del Sinis. La corsa dell’andata, il sabato mattina, con partenza da Cabras verso San Salvatore, è la più intima e raccolta, quella del ritorno, da San Salvatore verso Cabras, la domenica sera successiva, è invece il momento di massima apoteosi e di maggiore partecipazione da parte del pubblico perché il santo viene riportato in paese e quindi “salvato”.

Inizialmente, quando i corridori erano poche decine, la leva che spingeva a compiere questo rito era principalmente religiosa, ovvero la promessa al santo e lo scioglimento di un voto, sa promissa. Oggi ai motivi religiosi ne sono indubbiamente subentrati degli altri, più profani, che hanno comunque contribuito all’accrescersi e al consolidarsi della tradizione, ad esempio lo spirito di emulazione e la curiosità che hanno spinto le giovani generazioni a continuare quanto da sempre fatto dai padri e dai fratelli più grandi, ma anche il senso di appartenenza e di identità…

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Quanto al senso più profondo della corsa, solo chi ne è parte attiva può coglierlo pienamente, a questo proposito infatti sono illuminanti le parole del decano della corsa, oggi non più in vita, Tziu Michei: “Ma su stracchimini in cursa no’ è pesu , o Signori, tottu è sublimi! Non si provada chi no esti avesue e is fueddusu non podinti esprimi”. (La stanchezza nella corsa non è un peso, o Signore, tutto è sublime! Non lo può capire chi non è avvezzo e le parole non possono spiegarlo). Ci piace inoltre concludere con quanto scritto da un amico cabrarese di Passi Alterni, poco dopo essersi unito alla nostra pagina ùFacebook e probabilmente aver notato l’immagine di copertina, a lui tanto famigliare: “Passione, promessa, devozione, ringraziamento, rispetto, sofferenza, dolore, timore, gioia, speranza, amore. Tutto questo e molto altro sono i “passi alterni”: almeno per noi cabraresi”. E Passi Alterni non può che condividere questo pensiero.